Bugiardo, omicida, ingrato, spergiuro, tiranno, infedele, con poco sale in zucca, bestia domestica, ostinato, ozioso, maldicente, bestemmiatore… E tanti, assai tanti, ulteriori graziosi epiteti: il genere maschile non rifulge certo di una limpida reputazione, in questo trattato seicentesco! Del resto il titolo del libro, La nobiltà, et l'eccellenza delle donne, co' diffetti, e mancamenti de gli huomini, è già tutto un programma.
L’esemplare posseduto dalla Biblioteca fu stampato nel 1621 da Gio. Battista Combi, appartenente a una famiglia di stampatori veneziani attiva fin dalla fine del Cinquecento. Fa parte della preziosa e ricca biblioteca (circa 5000 volumi) appartenuta a Giuseppe Cridis (1766-1838, avvocato, professore di Diritto Pubblico ed Economia Politica, rettore dell’Università di Torino), destinata per lascito alla Civica nel 1938 dal nipote Basilio, avvocato a sua volta. Tra i suoi libri, per lo più antichi e abbelliti da eleganti legature, l’aspetto dimesso de La nobiltà, et l’eccellenza delle donne, in ottavo, senza illustrazioni, forse non spicca, ma emerge per importanza di contenuto: l’autrice, la veneziana Lucrezia Marinelli (1571-1653), fu una delle voci più originali nella cosiddetta querelle des femmes, il dibattito sulla dignità intellettuale e sociale delle donne (considerate inferiori per natura), che esplose dal tardo medioevo alla prima età moderna europea. Lucrezia Marinelli vedeva nella struttura sociale imperante (il termine patriarcato ancora non esisteva) la causa prima di inferiorità della donna; studiosa e autrice di poesie e di svariate opere di argomento mitologico ed agiografico, fu scelta dall’editore Ciotti per ribattere all’opera estremamente misogina di Giuseppe Passi ( Dei donneschi difetti, 1599); l’autrice in soli tre mesi compilò così un trattato destinato ad avere vasta eco nell’ambiente intellettuale, uscito per la prima volta nel 1600 e rieditato ed ampliato nel 1601 e ancora nel 1621. Opera scritta in difesa delle donne, tesa a dimostrare «del crudel sesso maschio i vitij horrendi» (da un sonetto introduttivo all’opera, scritto da Antonio Sabelli), La nobiltà, et l’eccellenza delle donne è divisa in due parti: la prima con riferimenti storici, filosofici e letterari, esempi di virtù e ritratti di personaggi femminili illustri, la seconda con un elenco dal piglio deciso di tutti i vizi e mancanze degli uomini.
Smontando una ad una le argomentazioni filosofiche che nel corso dei secoli questi ultimi avevano addotto per giustificare l’inferiorità delle donne, l’autrice scrisse un trattato che precorse i tempi e la pose in primo piano tra le letterate e filosofe che presero parte alla querelle des femmes. Tra le righe non solo si coglie la vasta cultura di Lucrezia, ma si può leggere, grazie a descrizioni dettagliate, uno spaccato di usi, costumi e mode seicenteschi. Un esempio? Per levare le macchie causate dal sole sul viso, è indicato un preparato di succo di limone misto ad acqua di fiori di fava e di ligustri… Donna del suo tempo, eppur moderna nella difesa della “femina” dignità.
Irene Fulcheri